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Castello di Andràz

Agordino > Livinallongo
    La Storia del Castello      
Il Castello di Andraz è collocato su di un grande masso, alto, nella parete volta a sud, circa 30 metri; si è fermato sulle sponde del Rio Castello in epoca preistorica: trasportato dai ghiacciai durante la fase di ritiro e scioglimento all’inizio dell’Era Quaternaria (esistono vari esempi di massi portati nella zona dai ghiacciai). La rupe probabilmente fu attraversata nei millenni da cacciatori e pastori durante la transumanza delle greggi. Facendo riferimento al ritrovamento dell’uomo Mesolitico sotto il masso di Mondeval, possiamo dedurre con molta certezza, che sotto questa rupe trovarono riparo molti viandanti. È certamente un luogo strategico per il controllo delle vie provenienti da sud (Belluno, Agordo, Caprile) da nord (Bressanone, Passo Eores, San Martino in Badia, Valparola-Pralongià), da Ampezzo attraverso la sella del Falzarego. Da tale posizione era possibile traguardare la Rocca di Pietore a sua volta collegata visivamente ad altre fortificazioni (Avoscan e Selva di Cadore) che permettevano il totale controllo della strada che salendo da Agordo, attraversando tutta l’area Dolomitica, collegava alla Pusteria. Lo schema della struttura interna del Castello è caratterizzato da piani sovrapposti concepiti in funzione alla forma dello sperone di roccia su cui poggia. I piani erano collegati da un solo corpo di scale di cui, recentemente, n’è stata recuperata la prima rampa. L’unico accesso alla torre del Castello è garantito da una scala, dapprima in pietra e con i successivi elementi in legno. e doveva essere protetto da una passerella in legno a ribalta. I rifornimenti, invece, avvenivano mediante l’uso di un argano. La cinta muraria perimetrale merlata circonda la base del sasso e garantiva un limitato avvicinamento del nemico e permetteva inoltre di fruire di uno spazio sufficiente per ottenere le stalle. Sono ancora ben visibili i fori per l’alloggiamento delle travi lignee delle mensole sporgenti dei ballatoi che costituivano il camminamento per le ronde. Il tutto era completato da una cappella laterale all’ingresso principale costruita in epoca cinquecentesca utilizzando come abside la torre nord del precedente impianto (prima la cappella era sita all’interno della Rocca). L’altare ligneo di notevole pregio è ora custodito nella Chiesa di Andraz. Negli anni il Castello subì diversi interventi di restauro e ristrutturazione: parte dei quali abbondantemente documentati. Il restauro più importante risale al 1484-1488 ad opera dei Maestri Comacini Jacomo, Antonio e Pedro che furono chiamati a ricostruire la rocca devastata da un incendio. Venute meno utili le caratteristiche militari della Rocca, divenne un’importante sede amministrativa, per tal motivo durante i lavori di ricostruzione furono maggiormente curati gli aspetti residenziali: le caratteristiche grandi finestre volte al sud, sono una peculiarità di questo periodo. Altri lavori di rifacimento furono resi necessari dopo l’incendio che colpì Andraz nel 1516. Sono inoltre documentati e sono stati recentemente portate alla luce, ulteriori migliorie nella parte esterna effettuate dal Capitano Chiusole. Un primo documento certo parla della zona del Col di Lana e Livinallongo è del 1005 nel quale risulta appartenere alla Contea della Punteria. Nel 1027, il castello esisteva gia, in questo anno Corrado II “il Salico” dona ai Vescovi di Bressanone un vasto territorio tra Livinallongo e Colle Stanta Lucia, ma non il castello e le sue pertinenze. Si ipotizza un castelliere o un mansionario di fattura tardo-romana, distrutto durante le ondate Barbariche e riedificato attorno all’anno mille, per opera di una potente famiglia locale, i Pouchenstein, per contrastare le dispute con i confinanti arroccati sui castelli di Avoscan e Rocca Pietore. Un erede di tale famiglia, nel 1200, vende il castello con le pertinenze ed il territorio circostante al Principe-Vescovo di Bressanone Conrad Von Rodenegg. Nel 1220 Hartwigo “de Puochenstein” aliena il Castello e le sue pertinenze al Vescovo Principe di Bressanone, Corrado di Rodank (Rodeneck-Rodengo) il quale lo concede in feudo ai nipoti Federico e Arnoldo: al primo tocca la signoria di Schonek (Colbello) con tutti i feudi della Pusteria e delle valli ladine: Marebbe, La Villa, Badia, San Martino e Livinallongo. Ma la nobile famiglia è sovente in lotta con il potente Monastero di Sonnenburg (Castelbadia) presso Brunico, residenza di Monache battagliere protette dal Conte di Tirolo. Pomo delle discordie, tra le due contrapposte fazioni era il potere sulle valli e la compartecipazione nello sfruttamento delle miniere del Fursil (Monte Pore-Colle Santa Lucia).
  
Nel 1327 Paolo e Nicolò di Schonek sono costretti a vendere il castello e la signoria a Guadagnino Avocano, potente Signore di Agordo, protetto da Cane della Scala di Verona. Ma l’imperatore Carlo IV, a seguito delle prepotenze dell’Avoscano, e del figlio Giacomo, autentico despota ed ambizioso, lo dichiara decaduto da ogni signoria. Il castello di Andrai “Andraz” diventa l’ultimo rifugio di Giacomo Avocano, il più sicuro dall’assedio degli armati imperiali capitanati da Corrado Goebel, appartenente alla milizia vescovile di Matteo e dei Della Badessa di Sonnemburg. L’Avoscano si arrende dopo sei settimane di assedio per fame, corre l’anno 1350. A questo punto viene nominato Corrado Stuck (Stuccone) come Capitano del Castello e Signore delle Tre Valli, e viene intitolato con il nome “Nobile Capitano e Burgravio di Buschenstein”. Alla sua morte, avvenuta nel 1379, la figlia Caterina con il marito Ezzelino di Wolkenstein ereditano la signoria grazie ai grossi crediti che può vantare nei confronti del Vescovo Principe di Bressanone. Il conto viene saldato nel 1386 con un prestito di Gioacchino di Villanders (Villandro) il quale diventa Signore di Andrai, con il figlio successore Giovanni, fino al 1416.
Nel 1416 il Vescovado di Bressanone se ne impossesa. Da questo momento sino al 1802, il castello rimase di proprietà del Vescovo che lo utilizzò come sede di piccole guarnigioni militari poste sotto il comando di un Capitano. Nicolò Cusani, fu l'ospite più illustre di Andraz, in qualità di Vescovo di Bressanone, scelse la rocca per garantire la propria incolumità per lunghi periodi di soggiorno tra il 1457 e 1460. nel medioevo il maniero rappresentava un importante snodo commerciale e militare; nei periodi di quiete ospitava al suo interno dai 10 ai 15, tra servi e soldati; ma nei periodi di conflitti poteva ospitare decisamente un maggior numero di elementi; in particolare nel '400 per proteggere gli interessi economici del Vescovo, dinanzi all'avanzata delle mire espansionistiche della Serenissima, dal momento che la zona offriva legname e in particolare la presenza di giacimenti di minerali, come ad esempio le miniere del Fursil, nei pressi di Colle Santa Lucia, in un area contesa alle popolazioni cadorine, che dal 1177 era stata accorpata ai territori Vescovili della giurisdizione di Andraz, per editto di Federico I di Svevia Barbarossa.  
Nel 1416 il Vescovo Principe di Bressanone decide di riservarsi la giurisdizione diretta sul Castello e sulle Tre Valli ladine, considerate le vicissitudini poco esemplari del passato e tenuto conto dell’importanza assoluta delle miniere del Fursil. L’amministratore, quindi viene designato un nobile di fiducia del Vescovo, in questo ruolo tra il 1416 e il 1803 si succederanno 45 capitani oriundi, provenienti dalle Valli vicine: Marebbe, Badia, Gardena, Punteria, Tirolo, Trentino, ma nessuno di Livinallongo. Tra i primi capitani annoveriamo: Giovanni di Weineck, prelato di nobile famiglia. A causa di un ennesimo dissidio tra il capitolo di Bressanone e il Vescovo Udalrico Putsch, questi si riparò nella fortezza di Andrai, inseguito da Enrico di Sedenhorn, giudice di Bressanone e capitano di Salorno. Una spedizione di 8 ribaldi, presumibilmente complici del capitano Weineck, caddero nelle mani dei fedeli Livinallonghesi: uno di questi venne squartato ed appeso alle forche a brandelli, gli altri sette furono impiccati; il giudice Enrico fu fatto arrestare a Pieve di Cadore, ma non fu consegnato al vescovo. Giovanni Mordace, Carinziano, ricordato per la sua crudeltà non esitava ad aggredire i sudditi della Badessa di Sonnenburg, eterna nemica, irrompendo nelle case per derubarli e trascinarli nella Rocca di Andrai, di li soltanto a peso di denaro potevano essere riscattati al pari i figli e il bestiame.
Nel 1450 il Papa Nicolò V nominò vescovo di Bressanone il Cardinale Nicolò Cusano senza il consenso del capitolo. Il grande filosofo intrepido umanista ed instancabile riformatore di costumi, si trovò ad affrontare uno dopo l’altro tutti i problemi sul tappeto: il malcontento dei canonici, il conflitto con il convento di Novacella che vantava il possesso delle miniere fin dall’atto di donazione di Federico Barbarossa nel 1177, l’opposizione delle Monache di Sonnenburg a qualsiasi riforma dei costumi claustrali, le contese confinarie con i Caprilesi a Pian di Sala (attuale Salesei). Il cardinale non si risparmiò: aggiunse a questi impegni numerosi viaggi a Roma ed in Oriente, scritti filosofici, la cura della diocesi, le missioni apostoliche. Per sei anni dal 1454 al 1460 trovò riparo all’interno delle mura del castello di Andrai, che lui nominò San Raffaele, dalle ire di Sigismondo, duca del Tirolo, protettore di Verena Stauber badessa di Sonnenburg, antagonista del vescovo in fatto di diritti feudali.  In seguito alla scomunica del cardinale, divenne capitano di Andraz Gabriele Brack o Braccone che si distinse per lo zelo nel punire il convento di Sonnenburg, per la scomunica di Cusano: i contadini vennero massacrati, le monache disperse nei boschi; invece nell’assedio di Brunico teso dal Duca Sigismondo al Cardinale, il capitano Braccone arrivò inspiegabilmente in ritardo, dopo la capitolazione del Cusano; ritornati entrambi ad Andraz, qualche tempo dopo il corpo senza vita del capitano penzolava dal “verone dell’impiccato” a severo monito di quanti fossero transitati in quei terribili gironi sulla riva tra Italia e Tirolo che costeggia le mura del Castello. Non diversamente dal padre si comportò qualche tempo più tardi il figlio del Braccone, il quale malmenava i forestieri e molestava i suoi dipendenti: il popolo a questo punto, al culmine della sopportazione assalì il castello e fece prigioniero il capitano e i suoi masnadieri e chiese l’intervento del Principe. Venne allora nominato capitano Giorgio Ruaz (Rubatsch) giudice della Torre di Gader. Ma non ebbero termine le liti con Caprile e con Sonnenburg ad anche il castello subì un grave disastro: nel 1483 un incendio lo devastò per due terzi. Il Vescovo diede subito il via alla ricostruzione con un contratto con il maestro muratore Giacomo de Canna da Camersee: i lavori iniziarono soltanto nel 1494 e furono conclusi nel 1514 con gravissime spese.
Intanto nel 1487 le dispute confinarie con Caprile confluirono in una feroce guerra tra il Duca Sigismondo del Tirolo e la Repubblica di Venezia: scontri, massacri ed altre atrocità furono perpetrate da ambo le parti ora in caprile ora in Marebbe ora in Ampezzo da giugno a settembre di quel anno. La guerra cessò per essere ripresa nel 1512, con altri lutti e scorrerie, cui si aggiunsero le intemperie, al carestia e la peste.Altro ospite di spicco della Rocca fu il Cardinale Cristoforo Carlo Madruzzo, Vescovo e Principe di Bressanone dal1542 al 1578; fu il periodo di maggiore espansione delle miniere del Fursil: vennero costruiti forni a Caprile, Zoldo, San Vito e Valparola. Il ferro, segnato con l’Agnello, ovvero il simbolo vescovile, veniva trasportato sulla “Strada dela Vena” da Posalz, dove c'è ancora oggi segno dell’ingresso principale delle miniere, fino al Valparola ed in Italia passando sotto le possenti mura del castello. Proseguendo nel susseguirsi dei capitani di Andraz ce il leggendario Francesco Guglielmo Brac detto Braccone o Gran Bracun ricordato per il suo ardire dimostrato nello sfuggire rocambolescamente ai Cadorini al pinte di Travenanzes dopo l’incontro amoroso con la bella Simonia al castello di Botestagno. Fu capitano di Andraz dal 1573 al 1581, venne assassinato a Corsara nel 1582. I secoli successivi furono scombussolati da numerosi eventi calamitosi: la peste nera nel 1630; l’incendio di Pieve nel 1687, la cessione dell’Impero nel 1697 della giurisdizione Tre Valli posseduta dal castello di Andraz per secoli; la chiusura delle miniere nel 1775 perché non più redditizie, infine la Rivoluzione Francese del 1789. Alla ritirata austriaca di fronte alle truppe Napoleoniche, il Capitano Gasparo Savoi arruolò i Livinallonghesi per sorvegliare l’importante strada del Tirolo. A partire dal 1803, dopo le guerre di Napoleone, il Principato Vescovile di Bressanone viene soppresso e le proprietà secolarizzate ed assoggettata l’intera regione: il castello diviene di proprietà del Governa Austriaco.  Nel 1808 il governo della Baviera vendette il Castello con nove fondi attinenti ad Andrea Faber di Cernadoi al vile prezzo di 3970 fiorini e 39 carentini.
Nel 1809 accadde l’ultimo fatto d’arme: 13 abitanti di Livinallongo presero a fucilate un corpo di 1100 militari al comando del generale francese Peyri in marcia contro i ribelli bavaresi di Andreas Hofer. In seguito il castello venne in parte demolito, le travature usate come materiale da costruzione per le case o addirittura come legna da ardere e così pure trovarono miserevole fine la grandissima, e probabilmente preziosissima, mole di suppellettili, mobilia, quadri e la notevole dotazione di materiale e documenti storici, serviti per anni ad accendere il fuoco nelle stufe e nei caminetti delle case circostanti, come raccontano leggende locali. Dopo il 1850 il castello è in completa rovina che culmina con le devastazioni avvenute durante la Grande Guerra, in cui la prima linea della cruenta fase sul Col di Lana passa proprio nei contrafforti sovrastanti il castello. Dal 1985 quel che resta del manufatto, un tempo imponente e splendido, passa alla Regione del Veneto; che con non pochi problemi inizia una lenta ristrutturazione del grande maniero. È ancor oggi in atto il consolidamento strutturale della Rocca, sia con ricostruzioni murarie eseguite con tecniche tradizionali: con calce spenta al momento dell’impiego, con iniezioni di boiacca espansiva e con cuciture armate nelle murature più dissestate. Si stanno inoltre eseguendo vari saggi di scavo archeologici alla base del sasso. La progettazione futura è finalizzata al recupero del manufatto come elemento architettonico di maggior prestigio di un sistema museografico-architettonico di percorsi storici: la “Strada dela Vena” dal Valparola a Colle Santa Lucia e da strutture insediative ed artigiane di particolare interesse storico-ambientale quali mulini, segherie, stalle, in una prospettiva di valorizzazione culturale dell’area.

Biblografia:

Storia dell'Agordino - Ferdinando Tamis
Guida Storico-Alpina di Belluno-Feltre - Ottone Brentari
Guida Insolita alle Dolomiti - Dino DiBona
L'Agordino e le sue Dolomiti - Giorgio Fontanive
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