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Canale d'Agordo - Canal

Agordino > Canale d'Agordo
    Il Paese      
Canale d'Agordo è collocata sulla confluenza del Torrente Liera e il Torrente Biois, all'imboccatura della Valle di Gares. È posto a nord delle Cime di Pape, su un vasto terrazzo alluvionale. Fino al 1964 veniva chiamato “Forno di Canale” per la presenza delle fucine in zona.

Le prime testimonianze dell'esistenza di Canale si trovano in un documento redatto a Carfon di Canale, al tempo chiamato, Carforio, il 12 maggio 1148 che certifica òa donazione di alcuni terreni fatta dal pievano di Agordo alla sua consanguinea Sibilina, in esso è nominato il villaggio di Peteguno, cioè Pettigogno, parte centrale del paese di Canale d'Agordo. Inoltre è citato nel 1185 in una bolla di Papa Lucio III, dove è citato assieme alla Chiesa di San Simon di Vallada, allora detta San Simon di Canale.

Verso il XIV secolo iniziò l'attività dell'industria mineraria nelle cave di ferro, piombo e mercurio del Sass Negher e di Sais montagne della Val di Gares e minerali di bornite e calcopirite dalle miniere di Xais: nacquero a questo punto gli altiforni per fondere i metalli, in località “i Forn” e “Medeval”, per produrre ferro (Famiglia Crotta di Agordo) e rame (Remondini di Bassano),  diventando il secondo importante centro minerario dell'Agordino, dopo Agordo. Con il ferro di Canale d'Agordo venivano forgiate ottime spade per la Serenissima. Questa attività rimase attiva dal 1394 al 1592
Il Paese conserva al suo interno architetture di molto pregio: l'antico ospizio per viandanti del XV secolo, successivamente sede della confraternita dei battuti e prima sede municipale dal 1806 al 1982, dal 2016 sede del Museo Albino Luciani. La prima Birreria d'Italia, posta alle spalle della chiesa, fondata nel 1847 dal dott. Giovanni Battista Zannini durante il dominio Asburgico, anni dopo venne acquistata dai fratelli Miana che la gestirono per 20 anni, nel 1887 infatti venne venduta ai tre fratelli Luciani, fondatori della Birreria Pedavena. La prima Latteria Sociale Cooperativa, istituita in Italia dall'arciprete Don Antonio Della Lucia, situata in Via Roma. La “Casa delle Regole” risalente al 1640 nella borgata di Tancon nell'omonima piazza, era una sorta di “municipio” dove deliberavano i capi-famiglia. L'antica casa “Vendramin” del XV secolo abitazione del direttore delle miniere di Gares, in località Val. La casa natale di Papa Albino Luciani in via Rividella. In molti di questi edifici si trovano ancora antichi affreschi di Santi o della Madonna, spesso sono i Santi Patroni: San Simon, San Giovanni Battista, San Sebastiano, San Rocco che risalgono al XVII-XVIII e XX secolo.

Nel XIX secolo cominciò a fiorire il turismo con la nascita del primo albergo della Val del Biois “Al Gallo”, della famiglia Dartora, poso all'entrata del paese, sulla destra orografica del Torrente Biois. Esso ospitò i primi escursionisti che frequentavano le Pale di San Martino, attraverso l'altopiano delle Comelle. Come Tuckett, Jonh Bell, il geografo Marinelli e Alfred von Radio-Radiis.

Dal punto di vista culinario, particolare appetitosi e famosi sono i “Carfogn”, crostoli con ripieno di papavero e talvolta cioccolato, decisamente legati alla frazione di Carfon.
    Chiesa di San Giovanni Battista     
La chiesa del paese è collocata in piazza Giovanni Paolo I°, ha origine molto antiche, circa XII secolo, è intitolata a San Giovanni Battista: la leggenda narra che gli abitanti della Val del Biois avessero scelto Giovanni, il più grande fra i nati di donna, per distinguersi dalla Pieve di Agordo, il cui patrono era San Pietro, il primo degli Apostoli, e dalla quale volevano rendersi autonomi. Più verosimile sembra essere la necessità di poter eseguire la funzione battesimale, evitando di dover arrivare ad Agordo per battezzare i propri figli. Così nel 1457 venne formalmente eretta a pieve dal vicario vescovile per delegazione Callisto III, staccandola dalla pieve di Agordo. La chiesa attuale venne rifabbricata nel 1859 da Giuseppe Segusini
Al suo interno, per chi entra, si presenta: alle spalle, sulla cantoria è collocato il prezioso organo del 1801 di Gaetano Callido. (ca.800 canne e 19 registri). L'organo sostituisce quello più antico, noto come parvum organum, che compare in un documento del 1655 ed ora collocato su una tribuna posta nell'arcata destra vicino alla sagrestia vecchia. Sulla destra si erge il fonte battesimale in pietra con la piramide di legno dello scultore di Carfòn Amedeo Da Pos del 1933. Proseguendo si trova l'altare delle Anime Purganti, con pala tratta dal Purgatorio del Tintoretto, che conserva un antico tabernacolo della Reposizione appartenente al vecchio altare smantellato nel 1859. L'elegante pulpito in legno risale al XIX; a lato si apre poi la cappella della Beata Vergine del Rosario, ex sacrestia. Il sant'Antonio posto davanti alla colonna destra dell'arco trionfale è ancora di Amedeo Da Pos. Il Presbiterio si apre con l'imponente altare maggiore che racchiude una pala raffigurante San Giovanni Battista “vox clamatis in deserto” attribuita ad Antonio Longo, dipinta tra il 1808 e il 1820. Sopra la pala si vedono Maria Regina, San Pietro e San Paolo. Le quattro finestre sono invece opera recente (1955) in sostituzione delle precedenti, ormai sconnesse e deteriorate. Esse rappresentano il Sacro Cuore di Gesù e di Maria, San Pio X e San Giovanni Bosco. Le due tele poste ai lati rappresentano la nascita e il martirio di Giovanni Battista: sono copie dipinte dagli allievi di Belle Arti di Firenze nel 1930 a cura della ditta Alinari. Gli scanni del coro, in legno di noce, risalgono all'epoca del restauro del Segusini (1859ca). Il Tabernacolo di notevole pregio artistico di Andrea Brustolon del 1696, a cui forse pose mano pure Giovanni Marchioni. Vi è raffigurato Cristo Risorto, San Simon, San Lorenzo, patrono dei fonditori di minerali che lavoravano nelle miniere della Valla di Gares, la Deposizione (sulla porticina) e un nimbo di Angeli. È stato rialzato dallo scultore Amedeo Da Pos che scolpì la parte inferiore per inserirvi la porticina d'oro attuale. Sopra le porte della sacrestia e della cappella della Beata Vergine l'Arciprete Don Antonio Della Lucia fece murare due lapidi a ricordo del suo predecessore, Don Agostino Castantini, che iniziò il restauro nel 1859 e di Giovanni Battista Zanini che aveva rifatto a sue spese la facciata. Nella cappella laterale sono conservate: cariatidi lignee “Il tempo e la morte” opere della fine del XVII secolo di scuola tedesca, costruita per l'altare dei morti, recuperata e restaurata nel 1994; una statua del XVIII secolo raffigurante San Giovanni Battista; una pala della Beata Vergine dei Battuti del 1626 di Francesco Frigimelica il Vacchio. Di Amedeo Da Pos di Carfon uno dei migliori discepoli del Valentino Panciera Besarel, sono le statue di Sant Antonio da Padova. Di epoca recente sono l'altare che raffigura alcune scene della vita di Albino Luciani, scolpito da Dante Moro nel 1978, in occasione della visita a Canale d'Agordo di Papa Giovanni Paolo II° e la statua di Papa Luciani dello scultore Riccardo Cenedese del 1982. La Facciata della chiesa si presenta a tre navate in stile neoclassico, su cui è incastonato un medaglione in terracotta di Valentino Panciera Besarel che rappresenta il “Battesimo di Gesù nel Giordano”. Il Campanile, alto 36 metri, con la caratteristica forma a bulbo al cui culmine è collocato un Angelo di 1,70 metri.  Contiene 5 campane, fuse dopo la 1a Guerra Mondiale, le originali vennero distrutte durante il conflitto. La più grande, 9q, è dedicata a San Giovanni Battista, la 2a, 6q, alla Madonna, la 3a, 4q, a San Giuseppe, la 4a, 90kg, a Santa Lucia e Santa Angela, la 5a senza dedica, è la più antica. Le tre maggiori hanno la scritta “me fregit hostis, at hostis ab aere revixi, Italian clara voce Deumque canens” ovvero “mi distrusse la furia del nemico, ma dal suo steso bronzo rinacqui, cantando con voce squillante all'Italia e a Dio”.

  Glossario:
Lesena: consiste in un fusto a pianta rettangolare, appena sporgente dalla parete stessa con relativi capitelli e base. (è decorativo e non portante).
Parasta: è una struttura verticale (pilastro) inglobato in una parete, dalla quale sporge solo leggermente. È un elemento di sostegno della struttura.
Bifora: è divisa verticalmente in due aperture, divise da una colonna o da un pilastrino su cui poggiano due archi, a tutto sesto o acuti.
Metopa: è un elemento architettonico del fregio, consiste in una formella in pietra scolpita a rilievo, solitamente raffigurante un disegno, posta in alternanza ai triglifi.
Triglifi: è un elemento architettonico del fregio, consiste in una formella in pietra, decorata con scanalature verticali (glifi): le 2 scanalature centrali sono uguali, mentre le 2 laterali sono la metà di quelle centrali e messe insieme formano la 3a scanalatura ideale. Da qui il nome triglifo.
Cella: “cella campanaria” si intende la parte alta del campanile dove alloggiano le campane.
Timpano: è la superficie verticale triangolare racchiusa nella cornice del frontone, i cui tre lati si chiamano geison.
Ghimberga: indica un altissimo frontone, appuntito a forma triangolare, spesso traforato e ornato, che ricopre l'arco di una volta o di un apertura in un muro.
Aula: è la porzione che va dalla facciata al presbiterio e può comprendere una o 3 navate normalmente.
Navata: è la suddivisione interna di un edificio per mezzo di colonne o pilastri separati da arcate o architravi.
Presbiterio: è la parte riservata al clero officiante ovvero i presbiteri.
Abside: è la parte terminale della chiesa, può essere a base semicircolare o poligonale.
Paliotto: è la parte anteriore e decorata di un altare.
Ancona: dipinto su tavola o rilievo in marmo o legno, di soggetto religioso, collocato sull'altare. Termine riferito in particolare a opere del gotico e del primo rinascimento.
Biblografia:

Storia dell'Agordino - Ferdinando Tamis
Guida Storico-Alpina di Belluno-Feltre - Ottone Brentari
Guida Insolita alle Dolomiti - Dino DiBona
L'Agordino e le sue Dolomiti - Giorgio Fontanive
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