Orogenesi delle Dolomiti
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La Storia geologica delle Dolomiti inizia circa 270 milioni di anni fa, nel periodo Permiano, quando tutte le terre emerse erano unite in un unico e grande continente: la Pangea. Il processo fitogenico ha inizio quando nella Paleotetide si scatena, a più riprese, una violenta attività vulcanica. Le lave e le colate piroclastiche ricoprono un’area di duemila chilometri quadrati, collocabile ora tra l’Arabia e l’Asia; tutto ciò crea un piastrone porfirico, visibile oggi in alcune zone delle Dolomiti. Si forma quindi un paesaggio sassoso, desertico e arido che subisce una lenta erosione e che forma una vasta pianura coprendo il basamento porfirico con un grosso strato di arenaria, nota come Arenaria di Val Gardena. Questa solida roccia a ovest della Val Badia e della Val Cordevole, poggia sullo zoccolo porfirico iniziale, mentre ad est essa giace direttamente su antichissime rocce metamorfiche, dette Filladi Quarzifere. Tra i 260-255 milioni di anni or sono, il mare comincia ad avanzare ad est sommergendo l’ampia pianura. Si formano così lagune dai bassi fondali, nelle quali il clima semi-arido provoca una forte evaporazione che fa depositare solfato di calcio e gesso che coprono le arenarie. Dopo di che, sopra si accumula un altro strato formato da sedimenti di calcare di colore scuro per l’abbondante presenza di sostanza organica: spugne, molluschi, coralli, echimidi e alghe calcaree; testimoniati dai numerosi resti fossili. Questo ultimo deposito viene chiamato Formazione di Bellerophon.
Nell’Anisico, alcune zone si sollevano ed emergono dal mare, formando isole, alla fine di tale Era, il margine dell’antico continente subisce un lento sprofondamento, detto fenomeno di subsidenza, rimanendo però un mare costiero e poco profondo. Sul fondale si accumulano via via calcari ed arenarie. Alla fine dell’era Paleozoica, dopo circa 30 milioni di anni, nel corso dei quali si sono verificati continui movimenti tellurici e continue trasformazioni del territorio, che è passato da continente interno a pianura costiera fino al mare: il basamento delle Dolomiti s’era finalmente formato. Per un breve periodo la subsidenza si blocca, emergono alcune isole sottoposte così ad erosione, ma poi il mare torna a coprire il tutto. Il fondale marino diviene maggiormente articolato poiché a zone di mare basso si alternano zone più profonde. Nei fondali più vicini alla superficie la temperatura è più alta (anche grazie al clima tropicale della zona), c’è maggior scambio di ossigeno e vi è una vita rigogliosa con organismi animali e vegetali capaci di fissare grandi quantità di carbonato di calcio. Con l’accentuarsi della subsidenza le irregolarità topografiche del fondale risultano determinati e nelle regioni più prossime alla superficie si formano colonie organogene di coralli, spugne ed alghe calcaree. L’attività di questi organismi è così intensa che i loro depositi di calcare riescono a compensare il fenomeno di subsidenza, raggiungendo anche spessori fino a 2000 metri. Si formano così le piattaforme carbonatiche che quindi sono “edifici” costituiti fondamentalmente da resti di organismi a scheletro o gusci calcarei che vivino in mari caldi, poco profondi e acque limpide. Queste piattaforme riescono ad espandersi in altezza: accrescimento verticale o gradazione; ma anche in larghezza: accrescimento laterale o progradazione; mentre la subsidenza dei fondali circostanti in due o tre milioni di anni raggiunge i 1000 metri. Tali formazioni oggi costituiscono alcune delle più famose montagne dolomitiche quali: lo Scillar, il Latemar, la Marmolada, il Catinaccio, le Pale di San Martino, le Odle, il Putia e la parte inferiore della Civetta. La roccia di cui sono formate è detta Calcare della Marmolada o Dolomiti dello Scillar a seconda della composizione chimico-mineralogica; contemporaneamente, nei profondi bacini adiacenti si accumulano sedimenti detti Formazione di Livinallongo.
La progradazione è accompagnata dalla caduta di detriti e blocchi che ai lati della piattaforma cadono verso il mare profondo, formando una scarpata. 230 milioni di anni fa si verifica un’intensa e diffusissima attività vulcanica, forse generata dai movimenti crostali successivi alla divisone della Pangea. Le lave basaltiche riescono a farsi strada e raggiungere la superficie, attraverso numerosi dicchi che tagliano le piattaforme. Tutto ciò dà vita a due grossi vulcani, uno nei pressi di Predazzo e uno nei pressi della Val di San Nicolò (Pozza di Fassa), dai quali fuoriesce un’enorme quantità di lava e tufi che si riversa lungo i pendii delle scogliere riempiendo così i bacini marini. Da questo importante avvenimento si formano interi gruppi montuosi: Padòn, Monte Pore, Piz del Corvo, Col di Lana, Cima Pape, il Sottogruppo Colac-Buffaure.
Subito dopo si verifica un brusco abbassamento del livello del mare che determina l’emersione delle scogliere, dei banchi carbonatici e degli edifici vulcanici. Ovviamente le nuove condizioni subaree portano alla fine del delicato ecosistema “di scogliera”, i vari edifici vulcanici vengono spianati dall’erosione e i detriti finiscono di riempire i bacini. In zone più lontane dai vulcani comunque, persistono ampie aree bacinali. Adesso sono dei fenomeni tettonici a sconvolgere la regione: si formano faglie che portano alla deformazione, al piegamento e all’accavallamento delle rocce precedentemente deposte. Probabilmente furono assai comuni terremoti, maremoti e grandi frane sottomarine. Una volta terminata questa turbolenta fase, la zona dolomitica torna ad essere un tranquillo mare tropicale nel quale prosperano i coralli, le alghe e le spugne. Il risultato porta ad una nuova generazione di scogliere e piattaforme carbonatiche, questa volta in età Carnica, dette Dolomia Cassiana: molto meno sviluppata in altezza e più in larghezza, il fondo infatti è più regolare e vi è meno subsidenza. Da queste rocce si sono formate per esempio: il SettSass, il Picco di Vallando e la parte inferiore del Sella. Nei vicini bacini, invece, si vanno accumulando i fini prodotti dell’erosione delle rocce vulcaniche mescolate a particelle calcaree di varia natura: è questa la formazione di San Cassiano, notevolissima per via della straordinaria quantità di fossili in essa contenuti. 224 milioni di anni fa, alla fine del Carnico, un nuovo forte abbassamento del mare determina la fine dello sviluppo delle scogliere e un ulteriore riempimento dei bacini: la regione torna ad essere un’area piatta, in parte marina, in parte costiera. Su questa superficie si deposita la Formazione di Raimbl, di spessore modesto e dal vivace colore rosso-verde. È costituita di questi sedimenti la cengia che taglia tutto il Sella a metà altezza, come pure la base della Tofana di Rozes e delle 5 Torri.
Con il Norico, 223 milioni di anni fa, in un mare basso e caldo, in continua subsidenza, si deposita metro dopo metro una potente successione di dolomie stratificate, la Dolomia Principale (il suo spessore è di ben 1000 metri) che oggi costituisce alcune delle cime più famose delle Dolomiti Bellunesi: le Tre Cime di Lavaredo, il Cristallo, il Pomagagnone, la Croda da Lago, le 5 Torri, la Civetta e molte altre ancora. Giungiamo così alla fine del Trias e all’inizio del Giurassico: tutta l’Italia è coperta dal mare ed il clima diviene umido, di tipo marino. Non ci sono più dolomie o depositi salini, ma calcari grigi, ben stratificati, di cui sono costituite le parti sommitali di: Pelmo, Civetta, Antelao, etc.. Tra i 170 e 135 milioni di anni fa la regione sprofonda ulteriormente e si hanno depositi di Ammonico Rosso (un calcare caratterizzato della presenza di ammoniti), mentre con il Cretaceo, l’ultimo periodo dell’Era Mesozoica, si depositano le rocce più giovani della nostra regione (le Marne di Puez, materiali teneri e di colore grigio-verde).
All’inizio del cretaceo, 120-130 milioni di anni fa, ha inizio il processo orogenetico. Si depositano gli ultimi e più giovani sedimenti attualmente presenti nella regione Dolomitica, tutta la quantità di rocce, che abbiamo descritto e che ora vediamo svettare nel cielo, si trovava sepolta in fondo al mare di Tetide. Verso la fine del Cretaceo, cioè 70-80 milioni di anni fa, il continente africano cominciò ad avvicinarsi a quello europeo,
determinando uno schiacciamento dei materiali interposti ed il loro conseguente innalzamento (orogenesi: nascita di una catena montuosa). Le Dolomiti iniziarono ad essere interessate da queste dinamiche circa 40 milioni di anni fa, ma è soprattutto negli ultimi 25 che si sono avuti effetti più forti, con un sollevamento tale da far emergere il tutto dal mare. Il maggiore e definitivo sollevamento si è avuto negli ultimi 4-5 milioni di anni fa. I corsi d’acqua hanno scavato ed inciso sempre più, finché sono comparsi a giorno i terreni Triassici e Permiani: le dure e resistenti Dolomie sono rimaste sempre più isolate, mentre le tenere rocce vulcaniche con i loro derivati sedimentari venivano spianate con facilità dando luogo a valli, passi e altopiani. Circa 2 milioni di anni fa, infine, le Dolomiti vengono ricoperte dai ghiacci, i quali daranno, così il loro fondamentale contributo alla geomorfologia della zona.
Bibliografia: Geologia delle Dolomiti – A. Borselli, C.Broglio e F.Russo
www.abcdolomiti.com
www.liceomascheroni.it
le immagini sono tratte da: www.wikipedia.com