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Colle Santa Lucia - Còl

Agordino > Colle Santa Lucia
    I siti delle Miniere del Fursil      
    Galleria Breda      
L'imbocco si trova nella località chiamata appunto “Miniere” sulla sinistra orografica del Ru de Pavia ad una quota di 1492 metri. Questa galleria scavata appunto dalla società Breda di Milano è stata ispezionata e messa in sicurezza e dopo 4 anni di lavoro, nel 2016, all'interno della miniera sono stati rinvenuti gli antichi manufatti. Dopo aver superato e messo in sicurezza 280metri di tunnel, quasi tutti scavati nella roccia, i tecnici si sono imbattuti in un tratto crollato, lungo circa 140 metri. Dopo alcuni mesi sono riusciti  a crearsi un varco, al di la del quale sono stati rinvenuti i resti della vecchia miniera, documentati dalle carte dell'epoca e dalla testimonianza degli ultimi operai della miniera, tra questi il Collese Nani Crepaz “Zulian”, ormai deceduto: un vecchio pozzo, alcune gallerie nelle quali sono ancora visibili le rotaie e alcuni carrelli, ancora ben conservati, inoltre si vedono chiaramente le antiche gallerie che portano alle miniere sfruttate nel 1400 e 1700.

Nei pressi dell'imbocco della Miniera Breda sorge il “Centro Visite”, dal quali si può, mediante un trenino, raggiungere l'interno della montagna.
    Miniera di Ru      
La Miniera di Ru si trova leggermente più in basso rispetto all'omonimo villaggio di Ru, lungo il piccolo corso d'acqua denominato “Pavia”, anticamente conosciuto con il nome “Ru del Medol” ove “Medol” indica propriamente la miniera, “Medol” inoltre è attestato anche come toponimo in riferimento ai prati posto alle case di Ru, questa frazione è nota già a partire dal 1333,nel 1337 risulta: “unum mansum iacentem in ruyo de fruxillo” - un maso in località Ru de Fursil (Ru deriva dal latino “Rivus”: rivo, torrente, ruscello. La valle nella quale è stata scavata la miniera si chiama “Valle dell'Agnello”, tale nome deriva dall'uso di imprimere sul ferro ricavato dalle Miniere de Fursil il simbolo dell'Agnello Pasquale, stemma dei Principi Vescovi di Bressanone. Non è altresì improbabile che il toponimo possa ricondursi anche alla denominazione della piccola collina posta subito a monte chiamata “Col de la Feda” (Colle della Pecora). Questa miniera del 1500, fu oggetto di ampi studi dalla Società Ernesto Breda di Milano nel periodo fra la 1a e 2a Guerra Mondiale e tra il 1938-40 furono avviati lavori di sgombero per riuscire ad identificare la consistenza della mineralizzazione; durante questo periodo furono scoperte diverse traverse e camere realizzate anticamente.
    Miniere di Costalta      
Nei pressi dell'antico Maso di Costalta di Colle Santa Lucia all'inizio del 1940 sono state ritrovate dai tecnici della Società Ernesto Breda di Milano due gallerei che vennero definite “degli Antichi”. Le prime notizie del Maso risalgono al XV secolo; ad esso è collegato anche il cognome “Costalta”, ormai estinto a Colle Santa Lucia. Il toponimo “Costalta” è composto ovviamente dalle particelle “Costa” e “Alta” ed è direttamente collegato alla posizione del Maso. Purtroppo la mancanza di documentazione non ha permesso di ricostruire l'epoca storica a cui risalgono queste miniere, ma probabilmente risalgono al periodo di chiusura delle Miniere del Fursil, attorno al 1750. da questo periodo le miniere furono completamente dimenticate ed abbandonate, dimenticati i loro nomi, i nomi dei luoghi dove erano ubicate, tanto da renderne quasi impossibile la localizzazione. Le due gallerie sono state scoperte nel 1937 ed erano poste a pochi metri l'una dall'altra. I lavori di bonifica e sgombero ebbero inizio nei mesi di gennaio e febbraio 1940: la galleria di sinistra è stata riaperta a sgomberata per 200metri; la galleria di destra, posta più in alto e a destra, è stata riaperta per 155 metri. Entrambe le gallerie vennero abbandonate completamente nel 1945, i loro imbocchi sono stati visibili sino alla fine degli anni '50, poi per il logorio delle strutture lignee di supporto degli imbocchi sono collassate, causandone la definitiva chiusura.
    Miniera Zenge      
Questa miniera collocata tra i faggi, in un bosco di proprietà privata, è una delle poche esistenti risalenti all'epoca dello sfruttamento del giacimento del Fursil. Verso la metà del 1700 le miniere si avviarono ad un lento ed inesorabile declino dopo essere state sfruttate per 600 anni. Nelle documentazioni raccolte dalla Società Breda di Milano non appaiono riferimenti a questa miniera, collocata nei pressi dei “Vauz”, il cui nome “Zenge” deriva dal toponimo latino “cingulum” cintura, nel senso di cengia, balza del terreno.
    Miniera Vauz     
È collocata nei pressi dei Vauz, una zona franosa che posta sotto al “Bosco del Vescovo”, probabilmente sfruttato nello stesso periodo delle miniere come approvvigionamento di legname dai Principi Vescovi di Bressanone. Ci sono opinioni discordanti sulla derivazione da toponimo, il Prof. Pallabazzer, conferma da un lato la teoria di G.B. Pellegrini, il quale afferma che potrebbe derivare dall'ampezzano “vou”, dal latino “Vadum – Guado”; lo stesso Pallabazzer propone un accostamento del toponimo “Vauz” con il nome tedesco “Valt”. La miniera venne riscoperta nel 1940 dalla Società Breda di Milano, durante i lavori di sondaggio e ricerca all'interno del complesso del Fursil. Venne armata e sgomberata per 120 metri ma venne poi abbandonata perché considerata di scarso interesse. Inizialmente venne denominata “Galleria Sentiero della Vena” per la sua posizione particolarmente vicina al famoso percorso che arriva al Castello di Andraz. La galleria rimase per molti anni abbandonata e fu oggetto negli anni '90, dell'attenzione dei Beni Ambientali ed Architettonici del Veneto Orientale e del Gruppo Speleologico San Marco di Venezia. Durante l'ispezione venne individuato un ramo principale che, seguendo la vena metallifera, si abbassa per circa 20 metri, rispetto alla quota d'ingresso, poi risale sino ad un crollo che rende impossibile il proseguimento, una discreta corrente d'aria lascia comunque presagire che la galleria continui ulteriormente in profondità. A circa metù di questa galleria principale si trova un ramo secondario che si rivolta all'indietro, in esso si ritrovano numerosi muretti a secco e alcuni pali di puntello. Le esigue dimensioni della galleria fanno supporre che il lavoro di estrazione fosse svolto in maniera assolutamente artigianale con l'ausilio di pochissimi utensili ed attrezzature.
    Miniera Troi      
Questa miniera posizionata nei pressi dell'omonimo gruppo di case, attestato storicamente nel 1337 “mansi in Troyo”, ha la particolarità di avere un ingresso a pozzo, che permette il raggiungimento delle vecchie miniere, fu  realizzato o ripristinato dalla Società Ernesto Breda attorno alla fine del 1930. ciao. È documentata la presenza della miniera Troi già nel 1655 e nel 1681 e risulta essere una delle più attive e meglio conservate. Il pozzo scende verticalmente per circa 5 metri e si innesta perpendicolarmente ad una vecchia galleria: durante i lavori di ispezione del 1940 questa galleria venne definita in ottime condizioni, e riaperta per circa 30 metri in piano e per ben 260 metri lungo la linea di massima pendenza. Negli anni 90 un intervento conservativo ha permesso di recuperare in parte il pozzo, attualmente percorribile ma chiuso per motivi di sicurezza. Il toponimo “Troi” con cui viene identificata la miniera, deriva dal dialetto di Colle Santa Lucia, Livinallongo, Selva di Cadore e dello Zoldano come diminutivo di “teriol” o “triol”; mentre in molte zone dell'Agordino viene utilizzata la forma così com'é “troi” per identificare il “sentiero”.
Testi, ricerche & Fotografie: Dell'Agnola Silvio con Nikon CoolPix P1000
Biblografia:

Storia dell'Agordino - Ferdinando Tamis
Guida Storico-Alpina di Belluno-Feltre - Ottone Brentari
Guida Insolita alle Dolomiti - Dino DiBona
L'Agordino e le sue Dolomiti - Giorgio Fontanive
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